I ‘Rasta’ con i loro capelli lunghi a treccine (dreadlocks), il mare e la natura della Giamaica, le tante diverse tendenze di un sound e di una filosofia di vita difficile da descrivere: il reggae è molto più di questo!
di Livia Rocco
La musica reggae, prima di ogni altra cosa, trasmette una sensazione di libertà, e la sua forza sta in una misteriosa semplicità: un ritmo lento ma non troppo, ripetitivo ma non troppo, che riecheggia suoni africani trasformandoli in qualcosa di originale…qualcosa che fa muovere i piedi da soli, che fa ondeggiare o saltare, non importa come. Il Reggae è così: irresistibile eppure non codificato in passi di danza…ognuno lo balla o lo ascolta come vuole, magari anche rimanendo immobile!
Il reggae e …la libertà
Ma il reggae è anche altro: è espressione del movimento religioso rastafari, e più in generale della voglia di giustizia, di pace e di libertà dei…cittadini del mondo che vivono in condizioni difficili. Il messaggio inviato tramite questa musica parla spesso di povertà e diritti umani, perché il reggae sostiene la lotta contro ogni forma di oppressione. E’ uno dei motivi per cui questo sound ha attecchito anche in Italia, specialmente nel sud ma non solo, dove tanti gruppi o singoli artisti lo hanno reinterpretato adattandolo alla propria realtà (tra gli altri Sud Sound System, Radici nel cemento), mentre ormai non si contano più i grandi musicisti pop che hanno inciso almeno un brano ‘reggae’: da David Bowie a Eric Clapton, per citarne solo alcuni.
Come molti altri tipi di musica, il raggae è in continua evoluzione, ma ancora oggi questo sound ruota intorno a due forze trainanti: la religione rastafari e Bob Marley (nella foto), l’icona – indistruttibile e più viva che mai dopo la morte nel 1981, all’età di 36 anni - che lo ha fatto conoscere al mondo. Negli anni settanta, quando gli artisti reggae cominciarono a convertirsti al rastafarianesimo, gli elementi tipici afro-giamaicani divennero centrali come simbolo d'identità e orgoglio. Bob Marley & The Wailers hanno diffuso più di ogni altro questa religione o ‘filosofia’ (che prevede anche l’uso di marijuana), facendo emergere il roots reggae un ritorno alla meravigliosa essenzialità delle radici africane.
Reggae e ‘rasta’
Così il reggae è per definizione la musica dei rastafari, e anche se la religione ‘rasta’ si è sviluppata molto prima della nascita del raggae (negli anni Trenta), questo sound ha giocato un ruolo fondamentale nella diffusione della cultura Rasta a partire dagli anni Ottanta. Il rastafarianesimo è un movimento spirituale e culturale, nato su ispirazione della fede religiosa ortodossa etiope, e in particolare dell’ ‘etiopismo’ predicato dal leader Marcus Garvey. Il nome deriva da Ras Tafari, l'imperatore che salì al trono d'Etiopia nel 1930 con il nome di Hailé Selassié I e con il titolo di Re dei Re (Negus Neghesti). Dopo il suo esilio volontario, dovuto all'invasione italiana dell'Etiopia, e il rientro in patria cinque anni dopo, alcuni credenti riconobbero in lui il Cristo nella sua “seconda venuta”, essendo diretto discendente della Tribù di Giuda che affonda le sue radici nell'incontro tra Re Salomone (figlio di Davide) e la regina di Saba. Per i seguaci del rastafarianesimo, quindi, l’Etiopia rappresenta la terra promessa, il ritorno del popolo nero sparso nel mondo alla terra d’origine, e Selassiè è il messia portatore di questo messaggio. Marley stesso ha spiegato molto chiaramente la sua missione: “il mio compito è di far rimanere vivo e diffondere nel mondo il messaggio di Marcus Garvey. Voglio muovere il cuore di ogni uomo nero perché tutti gli uomini neri sparsi nel mondo si rendano conto che il tempo è arrivato, ora, adesso, oggi, per liberare l'Africa e gli africani. Uomini neri di tutto il mondo, unitevi come in un corpo solo e ribellatevi: l'Africa è nostra, è la vostra terra, la nostra patria ...Ribellatevi al mondo corrotto di Babilonia, emancipate la vostra razza, riconquistate la vostra terra!”.
Il reggae oggi
L'influenza di Bob Marley è ancora forte, e almeno due dei suoi tredici figli oggi contribuiscono non poco a mantenere viva la sua eredità musicale: il più famoso è Ziggy Marley, quest’estate in tournée mondiale con tappa a Bologna. Tra i membri originari del famoso gruppo dei Wailers (nato negli anni sessanta), oltre a Marley c’era anche Peter Tosh, altra grande icona del reggae prematuramente scomparsa nel 1987. Il gruppo divenne famoso durante i primi anni 70 per poi sciogliersi, e Bob Marley decise poi di proseguire il suo progetto come "Bob Marley and the Wailers".
Al roots reggae hanno fatto seguito le nuove tendenze degli anni Ottanta come il dancehall e il raggamuffin, oggi molto in voga (il dancehall, in particolare, si è imposto come fenomeno emergente). Dagli anni Novanta, però, ha trovato spazio anche un revival del ‘roots’ (‘new roots’), con il suo inconfondibile ritmo ipnotico e la sua ‘anima’ africana. Tra i cantanti e musicisti che oggi ben rappresentano questo filone ‘purista’ c’è il giamaicano Luciano, oltre naturalmente alla ormai leggendaria e ineguagliabile band dei Wailers, che ancora attrae numerosi fans nei concerti in giro per il mondo, Italia compresa. Sempre tra i ‘classici’, punta sul raggae ‘puro’ anche Eddy Grant, di origine guyanese ma cittadino britannico, che ha inserito nei testi delle sue canzoni messaggi contro il razzismo e l’apartheid in Sudafrica, mentre più contaminato con il pop appare il reggae del giamaicano Gimmy Cliff (nella foto), con la sua famosa ‘Reggae night’.
Il Reggae e la Giamaica
Nonostante la sua enorme diffusione in tutto il mondo, Italia compresa, il reggae rimane un fenomeno strettamente legato alla Giamaica, un Paese che continua a coltivare e a celebrare questa musica con festival e raduni. Tra questi il Reggae Sumfest (www.reggaesumfest.com), che si svolge a luglio a Montego Bay, ed è giunto quest’anno alla XIX edizione. Considerato il principale evento mondiale di reggae, il festival richiama ogni anno oltre 30 mila visitatori ed è sponsorizzato dall’Ufficio del turismo giamaicano. “La Giamaica è la culla del reggae, con artisti leggendari come Bob Marley e Jimmy Cliff che ne segnarono l’inizio – sottolinea John Lynch, direttore del Turismo in Giamaica -. L’Ufficio del Turismo della Giamaica ogni anno patrocina il Reggae Sumfest perchè sentiamo che è molto importante sviluppare i generi musicali della Giamaica, strettamente legati alla nostra cultura. Il reggae si identifica con la Giamaica. Continueremo ad offrire una piattafoma ai musicisti che coltivano il reggae, e anche ad altri artisti popolari di tutto il mondo”.
Oltre alla ‘capitale turistica’ Montego Bay, molte altre località di questa splendida isola caraibica, un tempo colonia britannica, sono legate al reggae. Numerose le serate con musica dal vivo nei locali delle meravigliose spiagge bianche della costa, tra cui spicca quella ‘mozzafiato’ di Negril, in alcuni punti molto estesa. La musica si può ascoltare anche a Bull Bay, che ospita il più grande insediamento di Rasta dell’isola (circa 300 persone che ogni giorno pregano, cantano e suonano).
Poco lontano da Ocho Rios – altra località turistica con resort in riva al mare - le Cascate del Dunn’s River, uno dei ‘tesori nazionali’: l’acqua fresca e spumeggiante del fiume incontra il mare attraverso una serie di rapide che scorrono tra singolari scogli levigati e una vegetazione lussureggiante tipica dell’isola. Ma altre cascate, molto meno conosciute, ‘raccontano’ storie di reggae: sono quelle del Cane River, nell’omonimo parco, le più vicine alla capitale giamaicana Kingston. Sebbene siano visitate ancora da poche persone, si dice che queste cascate, nei pressi di Bull Bay, siano state scelte da Bob Marley per lavare i suoi ‘dreadlocks’ (letteralmente la parola vuol dire ‘nodi’ ‘temibili’, o ‘venerabili’ ed è riferita ai nodi che si formano aggrovigliando i capelli su sé stessi, nella tipica capigliatura rastafari. I dreadlocks possono ricordare la criniera del leone, simbolo della tribù di Giuda, da cui discende Ras Tafari).
Nine Mile, un piccolo villaggio rurale in mezzo al verde a ‘nove miglia’ da Alexandria, qualche chilometro a sud di Brown’s Town, non lontano da Ocho Rios, diede i natali al re del reggae. A pochi metri dal centro ci sono il mausoleo dove è sepolto e la casa dove nacque Bob, diventata museo, in cima alla collina dove Marley saliva ogni giorno a prendere l’acqua. Nine Mile è un tranquillo paese di contadini che si trasforma in luogo di ritrovo di centinaia di fans una volta l’anno, in occasione del compleanno del musicista, il 6 febbraio. Esiste anche un servizio di bus per gli appassionati che vogliono fare un tour nei luoghi dedicati alla memoria di Marley: la “Zion Bus Line”. E un viaggio sulle tracce del re del reggae può essere un modo per scoprire una Giamaica diversa da quella dei resort di lusso frequentati prevalentemente dai turisti americani, che qui trovano un paradiso esotico vicino a casa, perfetto anche perché… si parla inglese!
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