Vecchie e nuove canzoni, comicità e ironia, pennellate di jazz e di swing, un caldo omaggio al padre Lelio: ecco l’arte di Donatella che ha da sempre coltivato la musica con passione, riscoprendo qua e là con nostalgia i brani del padre
di Elio Ippolito
BeBop Jazz Club di Roma, in scena lo spettacolo "Orango Tango - Swing, comicità e canzoni d’autore, con omaggio a Lelio Luttazzi" portato in scena da Donatella Luttazzi, figlia del mai dimenticato “maestro del jazz” Lelio, con energia, entusiasmo e spirito da vendere, accompagnata da Francesco Di Giovanni, chitarra, e Valerio Serangeli, contrabbasso. Buona musica e divertimento, e l’invito a vivere il blues con “umorismo”.
L'incontro con Donatella, e quell’aria vivace da cabaret, ci ha riportato indietro con la memoria a quegli anni, tra il 60 e fine 70, quando il grande musicista Luttazzi era all'apice della sua carriera ed impazzava coi suoi brani sia in tv che alla radio, non solo come direttore d'orchestra ma anche in veste di conduttore, showman, attore, cabarettista e tanto altro.
Donatella ha respirato musica fin da piccola e da sempre l’ha vissuta, ancor più adesso che in musica può ricordare il padre al quale nel 2005 ha dedicato anche un libro dal titolo "L'unico papà che ho. Cosa si prova ad avere un padre famoso, appassionato di jazz e assente", edizioni Lampi di Stampa, in cui ha delineato affettuosamente un ritratto dell’uomo e del musicista “… forse è più appropriato dire "era mio padre". Anzi no, è mio padre, e lo sarà sempre…”, afferma Donatella.
B&V- Donatella, quanto ha influito sulle tue iniziative musicali l'esser figlia di un artista tanto conosciuto ed affermato?
Quando avevo venti anni ho avuto il supporto di mio padre che mi fece fare un disco assieme ad un mio caro amico, Gianni Mereu, con la PDU, la stessa casa discografica di Mina. Era anche un bel brano anticipatore dei tempi ma non ci fu un seguito che dischiudesse le porte a futuri successi. All’epoca mio padre non mi scoraggiò affatto ....lo fece però successivamente quando capì che facevo la cantante non per lavoro ma per pura passione: per me la passione non è lavoro! Fu così che lui, con la sua mentalità di bravo ragazzo e uno status di lavoratore precoce (perse suo padre quando aveva solo 4 anni), mi disse chiaramente che se a 40 anni ancora non ero diventata famosa significava che il percorso musicale non sarebbe stata mai la mia strada. Questo l'ho anche scritto nel mio libro dedicato a Lelio.
B&V- Musicalmente come ti sei preparata?”
A 15 anni già frequentavo il Folk Studio dove andavo con la mia chitarra e mio padre spesso veniva ad ascoltarmi: provavo davvero piacere, questa è la verità. Dopo aver terminato lo studio delle lingue, volevo intraprendere il lavoro di traduttrice, ma i guadagni in quel settore erano scarsi per cui mi indirizzai verso la carriera di dialoghista nel mondo del doppiaggio, attività che mi piaceva moltissimo. Ma la passione per la musica era sempre viva e covava dentro di me, così mi misi a studiare canto con Lucia Vinardi per tanti anni...ho superato esami di solfeggio, armonia, arrangiamenti con tanto sacrificio e fatica....poi ho finalmente cominciato a scrivere qualche brano anche col ricordo dei vecchi dischi che avevo ascoltato. Oggi non potrei vivere senza fare musica ed applicarmi ad essa. Non canto solo swing o jazz, il 29 dicembre scorso, per fare un esempio, ho cantato nella chiesa di Santa Maria ai Monti accompagnata al pianoforte.
B&V- Il tuo rapporto con la musica si divide oggi tra spettacoli ed insegnamento: me ne vuoi parlare?
Il mio ultimo spettacolo “Orango Tango” mi sta dando molta soddisfazione e sono molto contenta di come sia ben assortito il trio composto da me (chitarra e voce),Valerio Serangeli (contrabbasso) e Francesco Di Giovanni, chitarra. Io sulla scena sono una vera “buffona” e ci vuole un tipo estroverso come Valerio e uno timido come Francesco per contrastarmi durante l'esecuzione dei miei nuovi brani e delle canzoni scritte da mio padre (tra queste “Sono tanto pigra” e “Rabarbaro Blues”), più altre canzoni ironiche composte da me. Porto anche in scena un altro progetto con una mia formazione vocale al femminile - “Le zebre a pois”- in tutto 7 elementi, 4 cantanti, insieme a me Simona Bedini, Sonia Cannizzo e Giovanna Bosco, più tre musicisti. Eseguiamo canzoni di mio padre, e sono accompagnata al pianoforte da Cinzia Gizzi, che ha scritto gli arrangiamenti strumentali. In questo progetto, 3 arrangiamenti vocali sono di Lelio, gli altri sono miei e alcuni scritti con Giuppi Paone.
L’altra mia attività è quella di insegnante di canto. Insegno alla scuola di Giorgio Cuscito, la Nuccia Swing Lab, un laboratorio dove formo un gruppo vocale e dove metto in risalto lo swing degli anni 30 e 40, Billy Holiday, Ella Fitzgerald , cosa che di rado si fa nelle altre scuole classiche di jazz ove vengono preferiti brani più moderni. Con Giorgio, nel suo studio fornito di supporti tecnici molto importanti, facciamo Jazz e musica (ballabile) con canzoni perfino degli anni 20 quando c'erano le big band e la gente ballava divertendosi molto.
B&V- Ti rimane tempo e voglia per il teatro?
Sono arrivata alla passione per il teatro grazie a mio marito Gilles Fallot che è un commediografo francese. Nel suo prossimo lavoro intitolato “La clausola”, ho interagito solo come traduttrice dal francese in italiano in quanto l'interprete femminile , ahimè, è una giovane ragazza, un ruolo che certo ormai non può essere mio….
B&V-Da qualche tempo lo swing e il jazz stanno attirando nuovi e vecchi artisti, c’è un certo fermento nell'ambiente e diversi cantanti che eseguivano musica tradizionale si sono dedicati a reinterpretare brani di Fred Buscaglione, Natalino Otto, Louis Armstrong, Ella Fitzgerald e via di seguito....
È vero, e provo un grande piacere per tutto questo…
B&V- Quali sono i tuoi attuali rapporti con Rossana Luttazzi, la vedova di tuo padre che cura la “Fondazione Luttazzi?”
Lei ha aperto questa sua Fondazione con molto coraggio ed è molto brava, ma ognuno di noi lavora per proprio conto con percorsi separati. Tra l'altro lei vive a Trieste ma non ci sono interferenze tra noi anche perché io sono un'artista e lei è un'organizzatrice. Io non avrei saputo creare una Fondazione e sono contenta che ne sia stata creata una col nome di mio padre che, va detto, non ha avuto i riconoscimenti che meritava. Dopo il periodo negativo che passò, la Rai lo richiamò più volte e fu soprattutto una sua scelta quella di voler stare fuori dai riflettori.
B&V- Hai dei rimpianti per qualcosa ?
Ho fatto tutto quello che potevo secondo la mia sensibilità e la mia insicurezza. Io credo che nella vita di ciascuno ci sia un disegno, d'altra parte sono cresciuta con un padre che c'era e non c'era, ma anche lui non deve essere condannato. Non esistono colpe: Lelio del resto non ha mai avuto un modello di riferimento di padre, dal momento che lo perse a 4 anni.
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