Un ricordo di Luigi Tenco attraverso un breve racconto inedito, scritto nel 1967, subito dopo l'annuncio della sua morte avvenuta nel corso del Festival di Sanremo, e liberamente ispirato alla sua vicenda. Personaggi, situazioni e fatti non hanno nessun riferimento con la realtà
di Ilaria Mandoli
"I suoi occhi sprizzavano gioia di vivere, egli amava la natura, tutto quello che è verde, come i campi, i prati, le foglie che si arrampicano e ricoprono le facciate di tante case. Aveva un animo generoso, amava la solitudine pur desiderando tanti amici, e il suo primo amore era la madre.
Ma era un ragazzo infelice: avrebbe voluto cambiare il mondo, non lo poteva accettare così nudo, così crudele.
Nell’adolescenza aveva immaginato la vita come un “regno”di pace e di felicità, ma lo scontro con la realtà era stato molto duro: spesso, pur essendo già un uomo, volentieri sarebbe tornato a rifugiarsi in quel suo falso “ regno”, dove soltanto si sentiva vivere…
Quell’antica rocca a picco sul mare ligure lo accoglieva per la maggior parte dell’anno: intorno solo silenzio, e una campagna infinita, così verde in estate. Che bello respirare l’aria che nessuno può toglierti, aria, vento che spirano solo per te, come tu fossi l’unico uomo sulla terra!
Il gatto
Gli occhi sospettosi del gatto lo osservavano mentre gli si avvicinava sorridendo,tendendogli una briciola di pane. “ Chissà perché i gatti sono sempre così sospettosi. Non si fidano mai…- pensava. Poi il gatto, convintosi delle sue buone intenzioni, lo accompagnava fino alla spiaggia deserta, dove il ragazzo, seduto su uno scoglio,fissava tutto quell’azzurro e l’orizzonte, dove tutto sembrava finire. Scriveva poesie tristi che parlavano degli uomini più poveri della terra. E il mondo non aveva voluto accettare quei sentimenti che lui generosamente offriva. “ Fallimento” era la parola che sempre gli balenava nella mente e, quando il mare era agitato, sembrava che questa parola fosse scritta anche sulla cresta dell’onda che correva verso gli scogli. Sperava comunque in un domani migliore, sebbene questo apparisse sempre più lontano... ma un modo doveva esserci per arrivare, per sentirsi qualcuno, e anche per essere un po’ amato.
La madre
Quella mattina si trovava a casa di sua madre. Da lì sarebbe dovuto partire, chissà,forse verso il successo. La sera precedente, quando aveva saputo di essere stato finalmentei nvitato a Nizza, aveva pianto di gioia abbracciando la madre che lo guardava con tenerezza come per dirgli: “ Lo sapevo, ho sempre avuto tanta fiducia in te”. E anche lui, per la prima volta, nutriva grande fiducia in se stesso. Ma ora, mentre osservava la madre che gli stava stirando il vestito, aveva ripreso il suo consueto sguardo, triste e pensieroso, aveva già dimenticato tutto l'entusiasmo. A un certo punto disse: “Sai, mamma, non vado volentieri a Nizza”. La madre si voltò sorpresa, quasi spaventata.“Ma se è quello che aspettavi da anni, devi andare, ragazzo mio!”
La valigia
La valigia era pronta, ancora aperta sul letto; mancava una ultima cosa, una cosa che il ragazzo, spinto da una forza ignota, afferrò dal cassetto e mise nel bagaglio. Partì.
L'ultimo pensiero
Tutto era già finito, e anche questa volta il ragazzo era stato sconfitto. Un sudore nervoso gli scendeva per il viso, i vincitori andarono a festeggiare, lui volle restare solo. Prese la macchina e cominciò a correre pazzamente per le strade, a quell'ora tarda, deserte. Egli vedeva il mare, un mare sconosciuto, diverso da quello della sua rocca. Ah, la sua rocca, solo lì regnava la vera felicità! Tornato nella camera d'albergo, pianse, tremò, ma rimase lucido nei suoi pensieri. “Non esiste dunque la fiducia. Neppure la fiducia può dare la forza di resistere - esclamò singhiozzando guardandosi nello specchio. La valigia ! Fu un attimo, l'afferrò, e l'aprì convulsamente, prese quella cosa di cui si era ricordato improvvisamente. La teneva stretta tra le mani come temesse potesse scivolare, e l'avvicinò alla testa. Gli occhi sospettosi del gatto furono il suo ultimo pensiero".