Dall'iniziativa di Ballare Viaggiando "Danza, scrivi e visita Danzainfiera", realizzata in collaborazione con Danzainfiera (Firenze, 27 febbraio - 1 marzo 2015), il racconto post di Maria Francesca Mondini, Roma, “Il ballo per tutta la vita", classificatosi al terzo posto. Uno sguardo all’indietro per capire il valore della danza. All'autrice è stata destinata come omaggio l’opera di Monica Maria Fumagalli “Il tango e le donne”, dove si racconta il particolare rapporto del tango con l’elemento femminile dalla sua nascita a oggi.
Il ballo tutta la vita
Quando avevo dieci anni, invidiavo moltissimo una mia amichetta che frequentava una scuola di danza ispirata a Isadora Duncan, la grande ballerina “a piedi scalzi” che morì tragicamente in un incidente. Avrei voluto anche io imparare a ballare bene, perchè avevo orecchio musicale, ero intonata ed ero certa che avrei potuto essere una brava danzatrice. Ma i miei genitori non ne vollero sapere.
E allora, insieme ad un’altra coetanea e compagna di scuola, ci comprammo, beh in realtà ci facemmo comprare dalle nostre mamme, il tutù e le scarpette rosa (le avremmo volute rosse come quelle del film omonimo, ma non si trovavano). Cominciammo ad eseguire mosse e mossette al suono del grammofono che ci rimandava il Lago dei Cigni di Chajkovskij oppure le danze ungheresi di Brahms, e per un po’ ci divertimmo così, davanti a un grande specchio e imparammo perfino a stare sulle punte.
Col tempo quell’entusiasmo si attenuò un poco davanti a tanti altri nuovi interessi, e a sedici anni si cominciò da andare alle feste degli amici e con gli amici, dove il ballo per definizione era il lento, con qualche eccezione per il boogie woogie in cui personalmente non mi sono mai cimentata.
Ma quegli appuntamenti del sabato “danzante” del pomeriggio, ogni volta a casa di qualcuno di noi, divennero essenziali per sviluppare la nostra socialità, per scoprire le prime emozioni d’amore (che parola grossa, ma noi ci credevamo davvero), per trasmettere il nostro interesse sentimentale o per ricevere – ballando uno slow – la dichiarazione del diciottenne di turno.
E’ stato proprio ad uno di questi pomeriggi che ho conosciuto quello che sarebbe poi diventato mio marito, un ragazzo di vent’anni carino, molto bravo a suonare a orecchio il pianoforte, e che si chiamava Stefano. Dopo qualche tempo mi disse che era stato amore a prima vista, e che il mio modo di danzare – fragile e leggera - lo aveva incantato.
Il nostro “fidanzamento” durò sette anni, ci sposammo in una piccola chiesa della nostra città e il ricevimento di nozze fu… una festa da ballo, con tanto di orchestra e qualche ballerino/a professionista che accompagnava gli ospiti sulla pista e li faceva ballare.
Oggi abbiamo tre figli laureati, cinque nipotini, e vediamo con gioia che le bambine vanno con entusiasmo “a danza”, come si dice adesso, fanno i saggi e sono proprio brave!
Noi due non manchiamo un solo “dancing saturday”, nelle città di provincia ci sono parecchi posti e non c’è che l’imbarazzo della scelta! Abbiamo imparato samba, rumba, cha cha cha e perfino il tango…
Se guardo indietro, vedo che il ballo ha accompagnato tutta la mia vita, scandendo le fasi più belle e liete di un percorso così lungo.
Maria Francesca Mondini