Dall'iniziativa di Ballare Viaggiando "Danza, scrivi e visita Danzainfiera", realizzata in collaborazione con Danzainfiera (Firenze, 27 febbraio - 2 marzo), il racconto di Irene Berlingò, Roma, " Viaggio a Cuba", classificatosi al primo posto. Un ritorno nell'Isla Grande, sul ricordo di una grande insegnante di danza..... "per riprendere Cuba, assaporare i suoi profumi, la sua storia e soprattutto la sua musica..." All'autrice è stato destinato come omaggio il libro di Enzo Conte "L'Arte di insegnare"
A Virginia
Atterrata.
Ero di nuovo a Cuba, in compagnia di due sconosciuti bisbetici e supponenti, di cui presto – ma non potevo immaginarlo-mi sarei liberata, per unirmi ai quattro compagni di viaggio e di ballo che mi avevano convinta a ritornare a Cuba dopo oltre un decennio e un’esperienza a dir poco disastrosa, in compagnia di un marito iroso e una figlia ancora piccola, un viaggio rovinato dalla “gargante”, come dicevano i cubani, una febbre altissima presa in aereo e che ci aveva accompagnato in tutta l’isla, ahimé.
Ma mi volevo riprendere Cuba, assaporare i suoi profumi, la sua storia e soprattutto la sua musica.
E nella musica era nata questa idea; dopo molti anni a Roma, Virginia, la mia insegnante di salsa, cubana di nascita, aveva deciso di ritornare a casa e tra lacrime di gioia e di tristezza per l’abbandono di Roma che l’aveva accolta 25 anni prima, dove aveva fondato una delle scuole più popolari della Capitale, ci aveva annunciato la sua decisione. Avrebbe lasciato la scuola a Daniela e Valerio, i due ragazzi dello staff che l’avevano affiancata molto spesso negli ultimi anni. Il rientro a Cuba di Virginia era stato preceduto da un saluto affettuoso di centinaia di allievi in quella sala dello IALS che aveva ospitato storicamente le sue lezioni, sempre affollate e che io per molti anni mi ero divertita a guardare, molto prima che mi decidessi a frequentarle.
Come sempre, il ballo mi serviva a svuotare la mente dai pensieri opprimenti e avevo deciso di darmi alla salsa in un momento particolarmente triste della mia vita, all’approssimarsi della morte di mio padre e della fine del mio matrimonio, in coincidenza anche con una debacle professionale…..peggio di così non sarebbe stato possibile.
Ma oggi so che l’allegria contagiosa di Virginia mi aveva aiutato non poco a superare quei terribili momenti…e le sue lezioni erano piene di gioia di vivere, risuona ancora nelle mie orecchie la sua voce che dice “si o si???”
Per la mia generazione, la generazione dei ragazzi degli anni ’70-’80, il mito di Cuba era sempre molto vivo e presente. Anche per questo, quando Virginia insisteva d’estate perché ritornassi a Cuba, ero sempre tentata dall’idea. E aderii con entusiasmo quando, tornando nella sua meravigliosa isla, si fece promettere che saremmo andati a trovarla.
A febbraio 2013 avevamo in tasca i biglietti per Havana, io, Miss Rosela, Roberto e i due maestri, Daniela e Valerio, con partenza per giugno.
Doveva essere lì Virginia, ad aspettarci all’aeroporto, questo è stato il mio primo pensiero, guardando stupita la calca di cubani con cartelli i più svariati ad attendere i turisti.
Ma non c’era…e mi sono venute alla mente le parole di un amico, che per ragioni di lavoro conosce a fondo il sentire cubano: “Se Virginia voleva che andassi, ci devi andare, sarà molto contenta, dovunque sia”. Ed ero partita, malgrado lei se ne fosse andata via all’improvviso e per sempre.
E così mi ritrovo di nuovo per le strade della capitale, così uguali e così diverse, si percepisce un’aria di cambiamento…ma i cartelli che inneggiano a Fidel e alla revolucion sono gli stessi, l’odore di gasoline pure, e le case restaurate sul Malecon sono più o meno le stesse di dieci anni fa, mentre senza accorgermene mi ritrovo trascinata dal figlio del padrone di casa in un buco fumoso e caliente a ballare salsa con i cubani, sulle note di canzoni popolari cantate da una voce femminile roca e profonda.
E poi ancora verso il Nord tra la maestosità delle palme e le macchie di colore rosso dei flamboyàn, che ci accompagneranno per tutto il viaggio, costeggiando la zona dove Hemingway visse gli ultimi anni della sua vita a Finca Vigia, in una vegetazione lussureggiante.
La finca, la tinca…i “ragazzi” si divertiranno per tutto il viaggio con questo gioco di parole, prendendomi in giro per i cinque minuti di cultura al giorno che inutilmente cercavo di imporre. Tra frizzi e lazzi, il timore che una signora un po’ agée non potesse legare in viaggio con quattro trentenni si dissolve in un battibaleno: è il ballo, la passione comune che ci unisce e che non ha età.
E arriviamo a Vinales attraversando un paesaggio da sogno, in cui cascatelle meravigliose sono immerse in una natura esuberante. E la valle è un panorama fiabesco per il contrasto tra la terra rossa e il verde intenso, tra piantagioni di tabacco, palme reali e mogotes (mogotes o mocotes? un tormentone che ci seguirà fino a Roma).
Qui c’è un’altra Cuba, più intima, semplice, ferma nel tempo, come la pista da ballo che scoviamo a sera, seguendo note salsere; semplice la gente del posto, che ci guarda con curiosità – siamo gli unici stranieri - semplice come il mio giovane ballerino cubano che parla italiano e che fa il campesino nella valle.
Un’atmosfera molto diversa dall’Havana sfacciata e godereccia della Casa della Musica, solo ed esclusivamente reggaeton sparato a raffica tra luci psichedeliche, dove nugoli di splendide ragazze aspettano di trovare l’affare della serata e si muovono ondeggiando in gruppo come una falange quando avvistano il malcapitato……
Niente a che vedere con la deliziosa orchestrina dell’Hotel Nacional, su cui affacciavano le nostre stanze durante il soggiorno havanero, da cui si vedeva il Malecon e si sentiva il rumore del mare.
I giardini del Nacional, che si affacciano sull’oceano, la sera ci vedevano ospiti fissi all’ora dell’aperitivo, sorseggiando meravigliosi mohito con il sottofondo di salsa, rumba, cha cha cha e la voce di un quartetto tutto al femminile, che allieta ancora le mie serate di lavoro al pc.
Ma per sentire e conoscere la vera musica cubana bisogna andare a Santiago e questa volta non me la sarei fatta scappare. E mentre i ragazzi andavano a Trinidad, io atterro nella vecchia capitale cubana. Avevo preparato con cura la trasferta in solitaria a Santiago e scelto un hotel antico, ma pieno di sicuro fascino e in pieno centro, dove Graham Green aveva ambientato “Il nostro agente all’Avana”.
Non avevo sbagliato, nella piazza ad ogni ora si faceva musica con qualsiasi attrezzo e a due passi c’era la Casa della Trova, culla della musica tradizionale cubana. Dopo un primo diffidente approccio – mi avevano tutti riempito di raccomandazioni – una donna sola a Santiago!!- la musica, l’architettura coloniale, i suoi abitanti sciolgono ogni riserva. Deliziosamente decadente, in ogni cortile si fa letteratura, pittura e ogni calle è avvolta da note irresistibili, mentre i santiagueri si affannano a fornirmi ogni tipo di informazione, mi ospitano in un salotto letterario e mi aiutano a scegliere un acquerello. Miguel, professore di storia, mi racconta con rassegnazione e dignità di quanto sia basso il suo salario, mentre contribuisce con il suo lavoro a preparare le nuove generazioni, ma intanto sale una musica trascinante dalla Casa della Trova e tutto si riversa nel ballo, gli affanni e le tristezze spariscono. E la mia accompagnatrice, ottanta anni, due stampelle, esile e asciutta, i capelli raccolti in uno chignon accurato, mi spinge a ballare, buttandomi nelle braccia di un attempato e delizioso ballerino, che quasi non osa andare al di là del passo base della salsa, per paura di farmi fare brutta figura.
Ma Eleanor, questo il nome della ottuagenaria, non resiste al richiamo atavico del ritmo cubano e, dopo avermi affidato le stampelle, si lancia con una agilità insospettata e una bravura eccezionale nella salsa. E’ l’immagine di Cuba che mi porterò dentro, Eleanor libera da ogni legame che balla, un inno alla vita.
Grazie, Virginia!
Testo e foto di Irene Berlingò
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Virginia Borroto, nata a Sancti Spiritus, Cuba, l'8 marzo del 1951, ha vissuto a Roma dal 1987, e nel 1988 ha fondato la Prima Scuola di Salsa Cubana e Balli Latinoamericani nel quartiere di Testaccio. Nel 1995 ha fondato la Associazione IDAC Istituto per la Diffusione dell’Arte Cubana. E' scomparsa il 16 aprile 2013. Daniela e Valerio proseguono il suo insegnamento a Roma con la Scuola Stile Salsa.
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Foto Irene Berlingò